Mashape e l’Italia che vuole cambiare

Mashape e l’Italia che vuole cambiare

Questa mattina ho letto una nota su Facebook, attraverso una condivisione. A volte i socialnetwork fanno il loro lavoro. Una nota molto interessante e appassionata. Ho avuto il desiderio di rispondere, ma un commento adeguato non aveva spazio in poche righe. Così ospito la nota di Fabrizio nel mio blog e rispondo da qui.

La nota di Fabrizio Capobianco

Se non riesci ad aprire il link, il testo è in fondo all’articolo

Il mio commento:

Buongiorno Fabrizio, non ti conosco, ma il tuo entusiasmo è stato davvero contagioso. Il tema che tratti è molto interessante e un tema che sento particolarmente vicino. L’innovazione e la nostra capacità di starci dentro.

Credo sia importante mantenere sempre uno sguardo d’insieme, poiché la realtà è complessa e fortunatamente ricca di sfaccettature.

I giovanissimi di Mashape sono stati davvero in gamba, innovatori visionari e laggiù lo hanno capito. Sono state premiate l’idea, la tenacia, la preparazione, la volontà, ma soprattutto, come ha detto una ragazza che passava di lì, le persone. Complimenti e speriamo tutti che si apra davvero la strada a un trend italiano. Sarà questo  il nuovo made in Italy? Chissà.

Una cosa però va ricordata, Silicon Valley riceve tutti e per una start up che ce la fa ce ne sono altre mille forse più, che non lasciano il garage da dove sono partite. Va detto, altrimenti rischiamo di creare un esercito di giovani talenti il cui unico sogno, l’unica possibilità di farcela è farsi venire un’idea per una start up appetibile. E se l’idea non funziona?

No, non è e non può essere l’unica strada. Il mondo non è fatto di solo software, ma anche di hardware e di mani che costruiscono e di persone la cui passione è antica, come la musica o l’arte, la scuola, o la vigna. Il mondo è fatto anche di persone che non hanno la fortuna di coltivarla la propria passione o addiritttura di conoscerla. Il mondo va avanti anche grazie a roba vecchia e a lavori che con l’innovazione non hanno molto a che fare, ma che certamente possono giovarne. L’innovazione ha senso perché esiste qualcosa da innovare.

A nord di San Francisco c’è un’altra valle famosa, Napa Valley. E’ famosa per I vigneti e per il vino che vi si produce con metodi innovativi lavorando con vitigni internazionali. Autoctono non è una parola del loro vocabolario. A Napa l’innovazione compensa la mancanza di tradizione, ma nonostante la popolarità, la mano d’opera messicana e il grande mercato interno, nessun vino californiano raggiungerà mai un Barolo di Mascarello. Applaudo al successo dell’impresa, ma non al tasting. Io la vedo così.

Esiste anche la roba antica e l’Italia ne è la culla. E la roba antica è fatta anche da persone il cui sogno è quello di vivere semplicemente una vita dignitosa a casa propria. Queste persone meritano di essere guardate con cautela.

La questione non è se è giusto che scioperino, se noi faremmo la stessa cosa. Potremmo discuterne per ore e non sarebbero ore ben spese. Ascoltare di solito è un’opzione migliore. La questione io penso sia da un’altra parte: cosa li ha portati a questo? Cosa poteva impedire che succedesse? Non credo ci siano bambini che da grandi vogliono fare gli scioperi. No, i sogni dei bambini sono molto più belli.

Il mondo è complesso ed esistono tanti punti di vista, saperli ascoltare è un talento, di questi tempi decisamente innovativo. Il riconoscimento del valore di ognuno, dell’unicità di ognuno è ciò che rende una società potenzialmente di successo. Questo nel nostro paese ora non succede. Ma l’innovazione e il cambiamento passano anche da qui e in tanti modi. Non solo occupandosi del proprio successo, ma anche di quello degli altri, in tutte le sue forme. La soluzione non può essere: sedetevi tutti al computer e fatevi venire un’idea. La soluzione è un altro sogno: Che le persone siano nelle condizioni di sviluppare il proprio talento e di credere nella possibilità di essere se stessi. Ogni essere umano desidera realizzarsi. Come, non sta a noi dirlo. Crederci e lavorare per questo è possibile e deve esserlo anche nel nostro paese. L’unica rivoluzione possibile per cambiare davvero il mondo parte da ognuno di noi.

Un caro saluto.

Carla

 


 

Ci sono giorni in cui succedono cose cosi’ diverse che fanno a pugni.

Da una parte dell’oceano c’e’ chi va in piazza per fare “qualcosa di concreto” (pescato da un commento su Facebook), si strappa le vesti come in Grecia senza mai fare autocritica (e’ colpa di chi governa, e non li ho scelti io, ci fossimo noi l’economia andrebbe alla grande), blocca i trasporti di tanta gente che sta soffrendo tanto e piu’ di loro, e come risultato ottiene solo di abbassare la produttivita’ delle aziende per cui lavora (che non c’entrano un cappero) e di tutto il paese.

Dall’altra parte dell’oceano, tre ragazzini in fuga dall’Italia annunciano il loro round di $1.5M da mega investitori (come dice GigaOm), alla faccia di tutti quelli che gli dicevano “vi aspettiamo fra un anno e poi vediamo”. Infatti, eccoci qui. Un anno dopo esatto, e non pensiate sia un caso. Il 6 Settembre 2010 Augusto ha scritto la sua lettera all’Italia. Se avete voglia, guardatevi il mio post di un anno fa. Si intitolava “L’Italia che vuole cambiare”. Nonostante tutto, nonostante tutti. 365 giorni dopo, si presenta con una lista di investitori che farebbe invidia a qualunque startup in Silicon Valley. L’Italia che vuole cambiare, le cose le cambia veramente.

I ragazzi di Mashape sono venuti qui senza conoscere nessuno, senza papa’ e raccomandazioni, scrivendo codice di giorno e di notte, facendo networking a tutte le ore, week-end compresi. Hanno preso qualche soldo da amici e conoscenti, per tirare avanti a t-shirt dei Giants tarocche. Sono riusciti perfino a convincere me a investire, dopo avermi fatto giocare con le loro API.

Un anno dopo li premiano NEA, uno dei top 5 VC al mondo (3com, TiVo, Macromedia, Salesforce.com, …), Index, il miglior fondo Europeo (Skype), i fondi di Jeff Bezos (Amazon) e Eric Schmidt (Google). Una lista incredibile, credetemi. Io me la sogno.

E’ una grandissima conferma per il software italiano. Vuol dire che siamo arrivati. Che possiamo giocarcela. I Venture Capital di primo livello (Tier-1) scommettono su software scritto da Italiani. Scommettono sull’Italia. Ci credono loro, direi che ci possiamo credere anche noi.

Da oggi non sono piu’ il solo Italiano con software Italiano ad aver preso soldi da VC in Silicon Valley. Siamo in due. Uno e’ un caso. Due e’ una conferma. Tre e’ un trend (e spero di arrivarci entro fine anno).

A quelli che scioperano, un invito: andate a casa, accendete il computer, cominciate a creare qualcosa di grande, cambiate il mondo. La globalizzazione e’ un’opportunita’ straordinaria. Non c’e’ neanche bisogno di venire in Silicon Valley, si puo’ fare anche dall’Italia (vedi musiXmatch, Balsamiq, CrowdEngineering e tanti altri).

E’ ora di innovare, di creare. La Silicon Valley in Italia si avvicina. Oggi e’ un grande giorno. Quasi quasi vado in piazza a Palo Alto e lo urlo al mondo.

Fabrizio Capobianco

Carla Benedetti

Ho intrapreso gli studi e la professione di coach dopo quindici anni di attività nel management, nelle Risorse Umane e nella gestione di piccole imprese in Italia e all’estero. Credo fermamente che ogni singolo individuo possa dare il suo contributo a quel cambiamento culturale che renderà il mondo migliore.

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