Coaching e comunicazione

Coaching e comunicazione

Vi è mai capitato, durante una discussione o una riunione di lavoro, di pensare “non c’è niente da fare, parliamo due lingue diverse”?

Capita a tutti ogni tanto ed è possibile che abbiate ragione.

Ognuno di noi ha un modo personale di comunicare sia verbalmente che con il corpo, linguaggio paraverbale. Dal nostro modo di comunicare dipende il fatto che, chi ci ascolta sia in grado o meno di essere in sintonia con noi e seguirci nel nostro ragionamento. Non è necessario che la pensiamo allo stesso modo, se usiamo modalità simili sarà più facile capirsi e quindi essere in grado di ascoltare ed essere ascoltati.

Quando viviamo una situazione di frustrazione, data proprio dalla difficoltà di arrivare all’altro, quello che di solito facciamo è insistere a ripetere ciò che sappiamo non funzionerà. Usiamo sempre le stesse parole, lo stesso tono di voce, la nostra solita rigidità nel presentarci, allontanandoci sempre di più.

Cosa ci spinge a insistere, a continuare a non capirci? Semplicemente il fatto di non essere consapevoli dei nostri schemi e di quelli degli altri. Conoscerli ci permette di cambiare i nostri e allinearci nella comunicazione. Non c’è un modo solo di comunicare, ma c’è un modo efficace, quello che ci fa raggiungere il nostro obiettivo: esprimere un punto di vista, presentare un progetto, prendere una decisione.

Basta ascoltare.

Ascoltare e “usare” il linguaggio del nostro interlocutore aiuta a rendere il rapporto più profondo e ad avvicinare. E’ bene quindi fare attenzione alle parole che l’altro usa e usarle.

Se per esempio il nostro interlocutore si dice preoccupato di qualcosa, è meglio nella conversazione continuare ad usare la parola preoccupato anziché spaventato, per esempio. Poiché se per noi la preoccupazione significa anche spavento, non è detto che la stesso succeda anche a lei o lui. Restare nel suo linguaggio approfondisce il rapporto e aumenta la possibilità di un’intesa.

Questo vale anche per la modalità di espressione. C’è chi usa termini visivi (vedo che, sembra che, guardo alla nostra situazione…) o termini legati all’ascolto (dimmi cosa ne pensi, parlo di, non fai che ripetere…) o termini legati alle sensazioni (sento che, provo qualcosa che…)

Usare un linguaggio che ricalchi la modalità espressiva dell’interlocutore sicuramente faciliterà l’allineamento.

La consapevolezza non deve però fermarsi al linguaggio verbale, ma estendersi al linguaggio del corpo. Se non siamo consapevoli di come ci muoviamo noi e come si muovono gli altri, diventa complicato raggiungere un’armonia. Il nostro corpo deve seguire le nostre idee. Una contraddizione tra quello che diciamo e quello che mostriamo crea inevitabilmente sfiducia.

Se io dico di essere felice, ma ho un’espressione triste, difficilmente potrò convincere qualcuno della mia felicità. Allo stesso tempo, osservare il linguaggio del corpo dell’altro e in qualche modo accoglierlo senza necessariamente imitarlo, rende la conversazione uno scambio tra “simili” che può solo giovare.

Consapevolezza e flessibilità sono la chiave per una comunicazione efficace. Non possiamo cambiare gli altri, ma possiamo renderci la vita più facile, anche con gli altri.

Carla Benedetti

Ho intrapreso gli studi e la professione di coach dopo quindici anni di attività nel management, nelle Risorse Umane e nella gestione di piccole imprese in Italia e all’estero. Credo fermamente che ogni singolo individuo possa dare il suo contributo a quel cambiamento culturale che renderà il mondo migliore.

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